Letterato di enorme levatura, venne definito Vate Etneo. Mario Rapisardi è conosciuto per le ardimentose opere, per le straordinarie traduzioni, per le lezioni di letteratura italiana che segnarono il suo passaggio tra Otto e Novecento. Oggi di lui ricordiamo gli amori che lo appassionarono, che lo resero palpitante o infelice, lo resero umano.
Tra le donne che segnarono il suo destino ci fu la Contessa Lara (a sinistra), pseudonimo di Evelina Cattermole, fiorentina, poetessa e scrittrice, donna spiccatamente sensuale. Il Rapisardi la conobbe con il cognome da sposata, Mancini. Era l’estate del 1875, la vide di fronte alla vetrina di un libraio, la seguì, abitava non molto lontano dal suo appartamento. A quel tempo l’avvenente donna era molto chiacchierata per via di uno scandalo legato a un duello intercorso tra il marito e l’amante. Questo probabilmente dovette eccitare la mente del Rapisardi. Comunque sia, ebbero un appuntamento, un primo approccio, ma l’idillio venne interrotto dalla moglie del poeta, Giselda Fojanesi, che, dopo lo sconcerto iniziale, si lasciò convincere e ammaliare dalla Contessa e nei giorni a venire strinse con lei un rapporto molto intimo.
Giselda (foto a destra), dal canto suo, influenzò tanto la vita del Rapisardi, fu il tramite per la sua amicizia con il drammaturgo risorgimentale Francesco Dall’Ongaro, grazie al quale il poeta riuscì ad ottenere una cattedra all’Università di Catania. Si suppone che il vate conoscesse la fanciulla a Firenze tra il ‘65 e il ’68; certamente a diciassette anni fu a lui raccomandata per essere impiegata come maestra nell’Educandato Margherita di Catania per l’anno scolastico 1869-1870.
Un paio di anni dopo la sposò, ma il loro non fu un matrimonio felice, tra salassi economici e incomprensioni parentali. La goccia che fece traboccare il vaso fu la scoperta di una lettera dell’amico Verga indirizzata a Giselda con la quale intratteneva una relazione segreta. La donna fu buttata fuori da casa Rapisardi, eppure la sua vita continuò in modo eccellente, divenne Ispettrice degli Educandati femminili d’Italia.
Piuttosto colei che accompagnò gli ultimi giorni della vita del poeta fu la polacca Amelia Poniatowski Sabèrnich (insieme a Rapisardi nella foto a sinistra), che fu segretaria e convivente del Rapisardi. Di lei Alfio Tomaselli, autorevole biografo rapisardiano e sposo di Amelia una volta vedova del genio catanese, disse: “La potenza fascinatrice di quell’arte divina rendeva il Rapisardi più buono; il nuovo tenore di vita che conduceva in mezzo ad amorevoli gentilezze, ad affabilità generose, a cui non era abituato, lo facevano soddisfatto e felice; ed egli appariva più florido, diveniva più bello: si può dire quasi, non conobbe vecchiezza”.
Daniela Frisone
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