Neanche l’Etna, con i suoi nuovi tremori e l’inevitabile pioggia di cenere, è riuscita a raggiungere il livello del terremoto che ieri ha colpito la sanità siciliana e diviso l’opinione pubblica.
In verità si parla di una sanità della Sicilia orientale, una eccellenza inconfutabile per professionalità e strumenti. Un riferimento anche per non siciliani che arrivano riconoscendo il valore dei reparti di interventistica e cardiologia di Messina, Catania, Siracusa e Ragusa. Una sanità (inevitabilmente?) “fastidiosa” per altre aree siciliane e non solo (nell’ordinanza di custodia si cita la Sicilian Cardiovascular Academy messa su proprio da Tamburino, Micari, Contarini e Nicosia).
I quattro Direttori delle rispettive UOC (Unità Operativa Complessa) sono considerati dei luminari nel loro campo e a dimostrarlo sono le migliaia di persone salvate e il livello delle loro equipe.
Il tenore del dispositivo di arresto siglato dal GIP di Catania Giuseppina Montuori che, in 28 pagine, ha accolto quanto prodotto, in 100 pagine, dal pm Fabio Regolo, è – di per sé – articolato e contesta una serie di illiceità.
Come in tutti i dispositivi d’inchiesta resta qualche coniugazione del verbo al condizionale passato (gli “avrebbero intrattenuto” e “avrebbe favorito” si ripetono più volte). Ci sta, è sempre stato così. I titolari di una indagine presentano il risultato del loro lavoro che, quindi, rappresenta esclusivamente una verità di parte.
Il condizionale passato – per l’accusa – rappresenta il sottilissimo filo rosso per sostenere la presunzione di colpevolezza. Per i media rappresenta la forma scritta per non sentenziare e garantire così – rispettando il sacro vincolo del diritto di cronaca – la presunzione d’innocenza di ognuno.
Tutto questo, però, non è sufficiente ad ammansire quella parte di popolo “sobillato” da una notizia e che si sgola nel Crucifige (basta scorrere alcuni post di commento sui social).
Qualcuno – Gustavo Zagrebelsky parlando di democrazia – definisce tutto ciò come «paradigma della massa manovrabile».
Personalmente non ho mai preteso di riscrivere la storia di un uomo in 30 righe in cronaca, né mai mi sono innamorato delle inchieste giudiziarie. Credo sia un modo etico e deontologico di servire i lettori (la giustizia ha i suoi tempi; non sempre definiti, ma ha i suoi tempi che bisogna rispettare).
Bisogna, però, porsi domande e praticare sempre il dubbio.
Perché come scriveva Euripide: “Siete proprio convinti che tutto ciò che si vede sia verità?”.
Prospero Dente
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