Al capezzale della zona industriale ci sono tutti. Il sindacato naturalmente, Confindustria ci mancherebbe altro, la politica ovviamente, i sindaci di quel triangolo necessariamente.
L’ultimo sintomo si chiama Lukoil. La preoccupazione è tanta dopo le annunciate sanzioni contro l’importazione del petrolio russo. L’azienda – sostengono le fonti – viaggia a pieno regime e, in questo momento, non sembra subire contraccolpi economici. Sui giornali di settore – non soltanto italiani – si fanno cifre con molti zero.
Ci si preoccupa di quel che potrebbe accadere a sanzioni attivate. Ci si chiede se Litasco, società svizzera controllata da Lukoil e proprietaria di Isab, deciderà di volgere lo sguardo verso altri mercati – quello americano, ad esempio – per acquistare il petrolio e mantenere alta la propria produzione. Sì, banalmente si potrebbe obiettare che, per la madrepatria, sarebbe come alzare bandiera bianca nella guerra economica in atto. E addirittura concedere questo per il petrolio a stelle e strisce sarebbe veramente troppo.
Ma le domande che restano sospese sono due: nel momento in cui – speriamo prestissimo – venisse siglato il cessate il fuoco in Ucraina e, potenzialmente, dovessero venir meno le sanzioni nei confronti della Russia e quindi scacciare le nubi su Lukoil, quali altri problemi restano nella zona industriale siracusana? Perché il silenzio del Governo nazionale sulla richiesta di Area di crisi complessa?
Prospero Dente
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