19 Settembre 2024

Mi votu e mi rivotu, l’amore cantato da Rosa Balistreri

È uno di quei canti che entrano nel cuore. Fanno parte del nostro corredo genetico, dell’insularità che anima le nostre vite. Mi votu e mi rivotu, nella versione che l’ha reso celebre, è il pezzo d’amore di Rosa Balistreri, una dichiarazione di arresa nei confronti di un sentimento profondo.

La cantantessa ne fece un suo cavallo di battaglia, lei che era femmina di barricata, che non le mandava a dire, ma affrontava mafia e parrini insieme con il poeta Ignazio Buttitta, altra anima mediterranea di grande levatura morale. Purtroppo furono in quelle note che la voce di Rosa si spezzò, l’interprete licatese fu colta da ictus mentre si esibiva in un concerto. Era il 1990, il resto è storia che ci ripromettiamo di raccontare.

Piuttosto, oggi, è interessante riscoprire il testo di questa canzone che appartiene alle nostre ossa, alle nostre viscere, un po’ come la celebre Vitti na crozza, che altro non è che un canto funebre. Dopo tutto il concetto della passione in Sicilia sembra andare di pari passo con quello della morte, o comunque si accompagna a tutte quelle emozioni che somigliano all’urgenza, all’improvvisa rottura di un equilibrio, alla consacrazione amara di una bellezza intransigente. Perché l’autore, di solito sconosciuto, non usa i dolci metodi dei partenopei.

Un tempo, quando si scriveva d’amore in Sicilia, il sapore dell’amata era aspro, sapeva di lontananza, di prigione, di schiavitù, di morte appunto. Forse non è un caso allora che la Balistreri disse di aver ascoltato per la prima volta quel canto in un carcere di Palermo. A quanto pare, invece, risulta essere ancora più antico.

Alcune raccolte di studiosi, tra cui Giuseppe Pitrè, lo annoverarono tra i canti popolari di autore sconosciuto dell’Ottocento. È probabile che sia ancora più remoto e questo svelerebbe la sua tempra e sedimentata spinta emotiva. È la voce di chi non riesce a prendere sonno perché ricorda le meravigliose fattezze dell’amato. Una frase su tutte campeggia a mo’ di orgoglioso salto nel vuoto: lo sai quando io ti potrò lasciare? Quando la mia vita finisce e muoio.

Chi la conobbe e scelse come Rosa la vita della cantastorie, fu Serena Lao, che un giorno raccontò di avere ascoltato per la prima volta quel canto dalla voce della Balistreri alla radio: “Molti fecero una richiesta ben precisa: Mi votu e mi rivotu. Era il suo cavallo di battaglia, dicevano. Lei contenta si diede con slancio al suo pubblico e cantò ancora. Mi sentii accapponare la pelle. Non avevo mai sentito in lingua siciliana niente di più struggente e appassionato. Quel canto d’amore bellissimo che, attraverso le sue magiche corde vocali, diventava ora una dolcissima serenata, ora un richiamo accorato, ora un’invocazione disperata all’uomo amato, mi entrò nelle vene. Adesso sì che avevo davvero il groppo in gola! Ero commossa, anche perché quella canzone mi riconduceva alla mia vita senza amore, la sentivo particolarmente mia”.  

Daniela Frisone

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