23 Settembre 2024

Poeti appassionati, viaggiatori innamorati: le donne siracusane nella letteratura

Venere Landolina

Sulle donne di Siracusa sono state scritte lunghe pagine di letteratura. La loro bellezza risuona nei diari di celebri scrittori dell’Ottocento. Ma in un tempo ancora più antico ci fu chi non le dipinse con grande benevolenza. Teocrito ad esempio ne tratteggiò un tipo psicologico preciso. In un suo famoso mimo immortalò due amiche di origini siracusane che abitavano ad Alessandria. Dal chiacchiericcio di entrambe, che diventa presto un fiume di lamentele contro i mariti e le ancelle, si giunge a una comica passeggiata delle donne tra gli strattoni della folla e i loro continui rimproveri. L’ultima scena de Le Siracusane le ritrae a una festa, tutte indaffarate ad apprezzare le bellezze del palazzo in cui si svolge il ricevimento, sotto gli occhi malevoli di un forestiero scocciato dal loro ciarlare. Sul finire l’incantevole voce di una cantante le allontana per pochi attimi dai loro pensieri quotidiani, almeno fino a quando una delle due si ricorda di dover ritornare a casa per preparare la cena al marito. Con comicità e realismo Teocrito puntava il dito contro le alte aspirazioni e il fare popolano di certe siracusane.

Tutt’altra storia sono invece le aretusee che in ogni tempo hanno meritato gli elogi di poeti appassionati. La loro amabilità giunge fino ai nostri giorni sotto forma di versi indimenticabili. “Custodisca Iddio una casa a Noto, e fluiscano su di lei le rigonfie nuvole! Con nostalgia filiale anèlo alla patria, verso cui mi attirano le dimore delle belle sue donne”, scriveva Ibn Hamdis. Nel triste ricordo del poeta arabo, nato a Siracusa nel 1056 ed espatriato nel 1078 dopo la vittoria dei Normanni, riecheggia ancora l’avvenenza delle siracusane. Pensiamo anche alla Venere Landolina, custodita a Siracusa, che per Avraam Sergeevic Norov incarnava l’estetica delle donne nostrane: “Essa è Venere… tutto il suo bellissimo corpo trasuda sensualità”. Era il 1822, l’anno in cui il giovane viaggiatore russo rintracciava nell’immagine della dea le leggiadre forme delle siracusane. Il diario di viaggio di Norov, oltre alla bellezza, celebrava il loro fare aggraziato, la cultura e lo spiccato senso musicale. Di fatto, quando lo scrittore si recò a visitare la Fonte Aretusa, rimase folgorato alla vista delle lavandaie, che definì “belle ragazze che la stessa Aretusa avrebbe voluto come amiche”. In particolare una del gruppo lo attrasse talmente tanto da “inchiodarlo al terreno”.

Guy de Maupassant

Oltre a Norov, altri scrittori, uno su tutti Goethe, raccontarono il loro viaggio in Sicilia. Era il XIX secolo, e le grandi menti che curiosavano tra i paesaggi e i costumi del tempo, si lasciavano incantare anche dal fascino delle donne dei luoghi che visitavano. Guy de Maupassant nel 1885 giunse in Sicilia e la descrisse ne La Vie Errante, soffermandosi sulle bellezze naturali e sul patrimonio artistico dell’Isola. Ma soprattutto non si lasciò sfuggire l’opportunità di rievocare il mito delle attraenti siracusane, anche lui attraverso l’immagine della Venere Landolina. Eccone un breve resoconto: “Fu probabilmente per lei che mi decisi ad intraprendere il viaggio; parlavo di lei e la sognavo in ogni istante, prima ancora di averla vista. È la donna così com’è, così come la si ama, come la si desidera, come la si vuole stringere. La Venere di Siracusa è una donna, ed è anche il simbolo della carne.” Appare chiaro come lo scrittore francese puntasse gli occhi sulle forme armoniche della dea di marmo e che in quelle ritrovasse la visione di una bellezza viva, reale, la bellezza di una donna vera.

Daniela Frisone

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