26 Settembre 2024

Venti ore di attesa per una diagnosi, il racconto dei protagonisti e la verifica interna dell’Azienda ospedaliera

È accaduto al Pronto soccorso dell’ospedale Umberto I e la vicenda, segnalata alla nostra redazione, è al centro di una verifica interna allo stesso nosocomio. Tutto si è verificato lo scorso 22 maggio quando una donna è arrivata con una sospetta frattura del femore. Dalle 19 di quel giorno, come ci ha detto il marito, una lunga attesa trascorsa su una lettiga e finita alle 14 dell’indomani.

La paziente, con una depressione maggiore diagnosticata più di 20 anni fa, non ha potuto seguire la sua personale terapia durante la lunga notte trascorsa tra pronto soccorso e reparto di ortopedia.

“Mia moglie aveva un dolore fortissimo all’anca e ho prenotato una radiografia in una clinica privata. – ci ha detto il marito – La diagnosi è stata di frattura composta sotto capitata della testa del femore ma c’era qualcosa di poco chiaro per cui sono stati necessari altri accertamenti.

Ho sentito il mio medico di famiglia – continua ancora l’uomo – e gli ho letto la diagnosi. Per tutta risposta mi è stato consigliato di portarla immediatamente al Pronto occorso con l’esito del referto perché secondo lui c’era la seria necessità di un intervento. A quel punto, insieme a mia figlia, ho chiamato un’ambulanza e, pagando il trasporto, siamo andati all’Umberto I”.

Al Pronto soccorso la donna è stata sottoposta ad una visita generale, alle analisi di routine e a diverse radiografie: al femore, al torace, all’anca, al bacino e al ginocchio. Esami diagnostici che, sempre secondo il racconto del marito, sono finiti intorno alla mezzanotte.

“Ad un certo punto, erano le 22.47, le hanno fatto la radiografia all’anca – ha specificato ancora l’uomo – e non ci hanno comunicato nulla. Verso l’una, visto il silenzio, ho chiesto informazioni e il medico di turno mi ha risposto dicendomi che mia moglie non aveva nulla. Ho chiesto, a quel punto, se mia moglie avesse dovuto trascorrere la notte sulla lettiga e mi è stato detto che potevo anche firmare per riportarla a casa, naturalmente pagando un’ambulanza a mie spese”.

Nel suo racconto anche la richiesta di avere una visita ortopedica.

“Ho insistito – ha aggiunto – ma mi è stato detto che non trattandosi di una cosa urgente avremmo dovuto aspettare la mattina successiva”.

L’uomo ha aggiunto che sua moglie, in tutte quelle ore trascorse, non ha potuto seguire la normale terapia prescritta per la patologia sofferta.

“Pur avendo fornito l’elenco dei farmaci, in tutto sette, – ha precisato – non le è stato somministrato nulla di tutto questo. Mia moglie mi ha chiamato per dirmi che non riusciva a riposare, situazione sicuramente ingestibile a quel punto.

Da casa, dove ero tornato intorno alle 4 del mattino, ho provato a mettermi in contatto con il pronto soccorso e, dopo diversi tentativi, sono riuscito a parlare con uno dei medici che le ha dato solo l’antidolorifico”.

Il giorno dopo, come previsto, la visita ortopedica attesa davanti alla sala gessi del reparto ancora sulla lettiga.

“Finalmente l’ortopedico ha ordinato la Tac all’anca – ha detto ancora il marito – e la diagnosi è stata di una sospetta infrazione dell’apice del trocantere. Insomma, meno male che abbiamo insistito”.

La donna è stata dimessa con una prognosi di 21 giorni da trascorrere a casa in assoluto riposo e con una terapia farmacologica.

Abbiamo, ovviamente, contattato l’azienda ospedaliera che, dopo aver acquisito il racconto dell’uomo, ha assicurato una verifica interna.

Melania Sorbera

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