Un’autrice ancora tutta da scoprire. Adelaide Bernardini, conosciuta perché sposa di Luigi Capuana, fu poetessa, commediografa, scrittrice. Fino agli anni Quaranta collaborò a periodici di tutto rispetto quali La Tavola rotonda, Nuova Antologia, Giornale d’Italia, Poesia, pubblicando anche saggi e articoli in riviste di taglio femminile come La Donna e Cordelia. Fu voce interessante nel panorama letterario italiano anche se non sempre apprezzata dai contemporanei, più per motivi personali che per ragioni strettamente professionali. Spesso la sua vita fu costellata da polemiche legate al temperamento ribelle che, unito alla fama del marito, contribuì ad oscurare nel tempo la sua figura.
Di lei sappiamo che nacque a Narni, in Umbria, nel 1872. All’età di ventuno anni fu istitutrice presso la famiglia del console di Smirne in Turchia, successivamente rientrò a Roma e a causa di una delusione d’amore tentò il suicidio in una camera d’albergo della Capitale. La storia fece scalpore. Luigi Capuana lesse sui giornali del tempo il caso di una giovane donna, maestra di scuola elementare, che aveva ingerito dell’oppio per mettere a tacere il mal d’amore. Le scrisse, la conobbe e da lì in poi tra loro iniziò la relazione di tutta una vita.
Adelaide Bernardini, conosciuta negli ambienti con lo pseudonimo di Chimera, era poco più che ventenne e avrebbe vissuto tra Catania e Roma accanto a un colosso della letteratura in là negli anni. La differenza anagrafica unita al suo modo di fare un po’ troppo ribelle, i debiti contratti dal Capuana durante la loro vita coniugale, l’ingiuria di considerare la Bernardini alla stregua di approfittatrice, spinsero alcuni insigni colleghi del marito a parlar male di lei. Ad esempio Mario Rapisardi nei suoi Versi siciliani screditò il loro rapporto incrementando la cattiva fama della donna, e soprattutto Luigi Pirandello che, dopo la morte del Capuana, le si scagliò contro per aver messo all’asta il manoscritto originale de I Malavoglia che Verga aveva donato all’amico verista.
I rapporti tra la Bernardini e lo scrittore agrigentino non si sarebbero sanati, anzi, la vedova lo avrebbe pubblicamente accusato di aver fatto plagio di una sua opera autobiografica nella rappresentazione Vestire gli ignudi.
Anche con Filippo Tommaso Marinetti ebbe dei confronti turbolenti. Nel 1906 fu pubblicato il suo poema Barca Nova sulla rivista marinettiana Poesia. In quell’occasione la Bernardini fu riconosciuta quale poetessa futurista. Purtroppo la vena dichiaratamente misogina del movimento avrebbe ben presto creato delle fratture nei rapporti tra Marinetti e la signora Capuana.
Nel 1911 la sua silloge Sottovoce non fu pubblicata dalla casa editrice di Poesia perché la poetessa non accettò di cambiarne il titolo con un più virile Il mio grido e di accompagnare l’opera con un prologo a firma di Lugi Capuana in cui si esaltavano i nomi di tutti i futuristi. La Bernardini diffuse le sue liriche con l’editore catanese Giannotta, premettendo al testo una dichiarazione al lettore in cui invece faceva la voce grossa contro il capo del futurismo, difendendo il suo ruolo di donna e letterata libera da ogni tentativo di sottomissione.
Daniela Frisone
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