
Fu intitolata Maria Santissima del Paradiso o Santa Maria del Paradiso, la chiesa comunemente dedicata a San Sebastiano, in via Poggio del Carancino in Belvedere, a Siracusa.
Una visura catastale del 1987 la nomina così, dopo tutto sulla facciata frontale due festoni accompagnano i monogrammi di Maria Vergine. Ci incuriosisce la sua storia, contiene qualcosa di non detto, qualcosa di insoluto. In quell’unica navata, a ridosso dell’abside, sotto l’arcata superiore, si accampa un drappo marmoreo sorretto da morbide figure angeliche, in cui sta scritto un versetto della Bibbia tratto dal Secondo Libro delle Cronache: “Elegi, et santificavi locum istum ut sit nomen meum ibi sempiternum”.

Sì giunge così fino alla cripta sotterranea, una bassa volta a botte, una finestrella a mezza luna, da cui prende avvio la storia della chiesa che Monsignor Alagona visitò nel 1775. Quel luogo sacro avrebbe visto metter giù la sua prima pietra intorno alla seconda metà del Settecento, e così anche la sua cripta, piccola custode di un oscuro sepolcro sotterraneo, concepito dall’episcopato siracusano quale base dell’altare principale.
La cronaca della visita pastorale tace su chi custodisse il loculo, anche se rivela la volontà del vescovo di interdire quel modesto fondamento di altare dalla pratica del culto divino, e pertanto decreta la sua demolizione.

Nessun indizio, dunque, sull’identità celata nella tomba, mentre l’arcano sembra infittirsi quando il manoscritto palesa l’insolita disposizione episcopale ad allontanare le donne dal suo ingresso: perché “mulieres omnino ab ingressu in idem sepulchrum prohibendasmandavit”? Magari il divieto al femminile presupponeva l’accesso a un luogo inquietante o forse la presenza di un ordine religioso maschile.
Di fatto, il resoconto ecclesiastico di seguito annuncia l’iniziazione da parte del vescovo di «duos prima tonsura» (di due monaci novelli) perché prestassero servizio in Chiesa, oltre alpranzo preparato per ordine del Principe di Linguaglossa, padrone dello Stato di Belvedere e del feudo di Carancino. Parliamo di Vincenzo Raffaele Bonanno e Filingeri (negli stessi anni trasferitosi nella sua dimora a Palermo), la cui figura accorcerebbe l’anomala breve distanza tra la nuova chiesa e la Parrocchia di “S. Maria della Consolazione”, votata solo in tempi moderni a Sant’Anna.
Ci sembra, dunque, piuttosto probabile credere a un allora crescente fervore religioso, dovuto alla presenza del sepolcro sotterraneo, e comunque alimentato da un sentimento di benevolenza del Principe nei confronti dei suoi sudditi. Il sovrano aveva destinato una somma di denaro all’Eremo di S. Giuseppe in Belvedere, somma successivamente commutata in elemosina di dodici anni, dal 1765 fino al 1777, per la costruzione della nuova chiesa Regina del Paradiso. Ecco perché l’elenco degli esiti per l’edificazione ci presenta il Principe, in primo luogo, ma soprattutto i fedeli vivamente impegnati nella sua realizzazione; svelandoci persino la preziosa presenza di un noto artista del tempo, lo stuccatore Gianforma da Spaccaforno.
Daniela Frisone
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