26 Dicembre 2024

Corrado Piccione, le sue “Pagine Sparse” parlano ai nostri giorni

Nel ricordare Corrado Piccione, avvocato civilista, cultore di filosofia del diritto e di storia costituzionale, siracusano doc e uomo di grande spessore intellettuale, venuto a mancare un paio di anni fa, riscopriamo un suo testo Pagine Sparse del 2011 (ed. Emanuele Romeo), e in particolar modo la sezione intitolata L’Umanesimo del dovere. Uno scritto che emerge tra i numerosi ritratti di personalità di caratura nazionale, come Alcide De Gasperi, Luigi Sturzo, Giovanni Spadolini, ma anche Francesco Adorno, Giuseppe Agnello, Serafino Privitera. E soprattutto uno spunto di riflessione che, sebbene un po’ datato, risulta comunque adeguato in un momento storico complicato come quello attuale.

Piccione sottolinea, fin dall’inizio, che “il fenomeno tipico di questi ultimi anni è la crisi di inveterate certezze umane, che hanno rappresentato per generazioni i pilastri della vita collettiva”. Il suo discorso si muove su diversi piani della vita sociale, fino a toccarne il più sensibile: “ogni uomo ha sempre vissuto secondo una pur implicita filosofia progettuale. La vita di ciascuno è stata legata idealmente a un progetto anche se rimasto inattuato. Eppure si diffonde oggi il convincimento secondo il quale nella vita di ogni uomo non esistono, non possono esistere progetti; che il destino di ogni uomo si scrive nel momento in cui si compie e non prima.

La vita è pensata come dominata da un dinamismo inavvertito e misterioso nel quale regna sovrana la casualità assoluta, unico deus delle vicende umane. Si avverte una predilezione per l’imprevedibile, una propensione per l’enigmatico e quindi il senso dell’ineluttabile naufragio nel nulla”. Il disagio del non sapere a cosa si va incontro è uno dei cardini della crisi dei nostri tempi, spesso causa di ansie e depressioni.

Ecco perché l’avvocato siracusano sottolinea l’importanza di questa epoca, sostenendo: “uno o più cicli storici si sono ormai definitivamente compiuti”. È di fatto con la lucidità dell’esperienza che muove il suo discorso verso un risvolto dal carattere umano e per certi versi patriottico: “qualcosa di nuovo comincia a delinearsi: l’inizio di un nuovo cammino che ponga come traguardo l’identificazione tra progresso e sviluppo. Comincia a ridestarsi il senso dell’uomo, il senso del valore infinito e incommensurabile di ogni singola coscienza umana, di quella scintilla del divino che è l’intelligenza dell’uomo. Ed è questa la premessa, l’idea-forza della speranza di ripresa: la ripresa del senso dell’individualità come fatto morale, la ripresa di un accentuato senso critico che ripudia di adattarsi alle situazioni consolidate dai metodi dei regimi di massa, che chiede di essere informato, non persuaso, che non accetta un’opinione, una credenza soltanto in ragione del numero di coloro che la seguono e la reputano come verità”. La chiave per uscire da uno stato di crisi generale è dunque “un nuovo senso del dovere in ciascun cittadino di fronte alla nazione, al proprio impegno di lavoro, di fronte a tutti gli altri, di fronte a se stesso”. Perché “la rassegnazione diventa una colpa, la rinunzia una viltà”.

Daniela Frisone

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