Siamo nel V secolo a. C. Ad Agrigento nasce Empedocle, uomo di grande fama tra i contemporanei. Filosofo, poeta, scienziato, tra il 446 e il 444 a.C. si schierò dalla parte dei democratici rovesciando la tirannia di Trasidèo. Poi il trasferimento a Siracusa, dove entrò a far parte della scuola pitagorica: secondo Diogene Laerzio fu allievo di Telauge, figlio di Pitagora, seguì la dieta pitagorica e rifiutò i sacrifici cruenti.
La leggenda vuole che dopo una vittoria olimpica a una corsa di carri, l’agrigentino si opponesse all’olocausto di un bue e ne facesse fabbricare uno di incenso, mirra e aromi per distribuirlo secondo tradizione.
La fama di Empedocle non conobbe confini. A parte il dono dell’oratoria e della sapienza, pare avesse quello della guarigione dalle malattie, lo scongiuro contro le epidemie; insomma, quasi come un mago, i sicelioti dicevano che fosse capace di controllare le tempeste e di sconfiggere il male. Un aneddoto su tutti: Eraclide Pontico raccontò che Empedocle si fosse gettato nel cratere dell’Etna e che subito dopo il vulcano avesse eruttato i suoi sandali di bronzo.
Tra i suoi scritti ci sono giunti solo alcuni frammenti di due poemi: Sulla natura e Purificazioni, in dialetto ionico. Del primo, di carattere naturalistico e cosmologico, sono rimasti circa 400 frammenti degli originari 2000 versi; del secondo, di stile mistico e teologico, ci sono pervenuti meno di un centinaio rispetto ai 3000 iniziali.
Empedocle, come Eraclito, considerò la vita un divenire di eventi, ma al tempo stesso sostenne l’eternità dell’Essere. In pratica distingueva la realtà in trasformazione dagli elementi primi, immutabili, che la costituiscono. Questi ultimi li chiamava “radici”: quattro in tutto, li associava a divinità greche, secondo le concezioni misteriche proprie dei riti iniziatici allora in voga nella Sicilia orientale. Per il filosofo, l’unione del fuoco, dell’aria, della terra e dell’acqua, determinava la nascita e la morte delle cose. In realtà, Empedocle parlava di nascite e morti apparenti, visto che per lui l’Essere non si crea e non si distrugge, ma è solo in continua trasformazione: l’incontro e lo scontro tra le radici erano determinate dalle forze cosmiche dell’Amicizia o Amore e dell’Inimicizia o Discordia, attraverso un processo ciclico eterno. Per cui le radici si univano o si allontanavano, e ciò avveniva in modo del tutto casuale.
Da qui l’idea che gli esseri umani ricevano vita o morte per via di aggregazioni o disgregazioni; e, quasi anticipando Charles Darwin, Empedocle asseriva che alcune specie (come i mostri) siano scomparse a causa di una selezione naturale che favorisce le forme di vita meglio organizzate e più adattabili alla sopravvivenza.
Nelle Purificazioni invece, il filosofo riprese la teoria pitagorica della metempsicosi, ovvero l’esistenza di una legge di natura che fa espiare agli uomini i propri peccati attraverso un continuo nascere e morire, così che l’anima possa trasmigrare per millenni da un essere vivente all’altro (non solo uomini, ma anche animali e vegetali). Ecco perché Empedocle non ammetteva le immolazioni, per lui anche un bue aveva un’anima, destinata quindi a compiere il proprio ciclo di reincarnazioni fino a riabbracciare la condizione divina.
Daniela Frisone
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