
Il dialetto è la lingua della nostalgia, il sorriso misto al pianto, il mezzo tempo di un animo che ha sempre il talento per raccontare storie di vita, storie di Sicilia. Un testo ci viene in soccorso, parlando di letteratura dialettale siciliana scritta e rimata – laddove ci sia la rima – da poeti contemporanei.
I loro nomi compaiono sotto un titolo docile, Dalle carte dell’isola, con sottotitolo dichiarativo Il libro della poesia neo-volgare siciliana oggi (Carabba, 2021), a cura di Gualtiero De Santi e Renato Pennisi.

Dopo un saggio introduttivo che spiega la parabola dell’universo della letteratura siciliana nel contesto dialettale, si apre una scelta di autori che non possono fare a meno della tradizione, tuttavia si muovono inquieti in cerca di nuovi appigli a cui arrendersi, prospettive attuali di una realtà complessa e accattivante come quella dell’Isola.
Tra le voci più intense (e ce ne sono tante), si presenta la catanese pluripremiata Dina Basso, che vive a Torino. Il suo è il dialetto della porta accanto, è quello parlato in famiglia, nei luoghi pubblici, non ha nulla a che vedere con quello degli antenati, e la sua modernità sta pure nel sistema femminile che incontra e si scontra con il dolore, il lutto, il senso dell’abbandono, la lontananza dall’altro.

Piuttosto, nei versi dell’avolese Sebastiano Burgaretta si accampano grecismi, latinismi, arabismi. L’eleganza accompagna il compianto e l’invocazione, raccontando “l’esistenza con le parole di un popolo e ugualmente con quelle della cultura”.
Altra zona di celebrazione è il sentire lirico di Giuseppe Samperi, di Castel di Judica, che esplora il mondo contadino, la terra, la madre terra a cui attingere per non perdersi, per sanare un’identità alienata, “scattiata” come i sarmenti del campo di vita.

Di esistenze recuperate si fa tramite l’inchiostro di Renato Pennisi, catanese, co-curatore del volume, che come bel sottolinea Maria Gabriella Canfarelli, “elabora concettualmente ed empaticamente gli umori e i sentimenti di un mondo, d’una comunità ai margini dell’attenzione storico-sociale; di tale umanità raccoglie i frammenti polverizzati, dispersi o in atto di scomparire, per restituirla inverata, intatta, e darle voce con la sua propria nettissima voce”.
Di vivo impatto è la recensione che la Canfarelli, anche lei poetessa catanese, fa dei nomi presenti nel testo, del loro apporto nel sentire quotidiano; così che ravvisa nella conterranea Angela Bonanno la “lingua usata a mo’ di scudiscio o grimaldello per scardinare la realtà asfittica e falsa con cui quotidianamente l’io femminile si confronta, e contro la quale realtà l’autrice lancia il proprio guanto di sfida”.
Daniela Frisone
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