20 Settembre 2024

L’amore e la guerra nella Circe di Marilena Vita

Iniziare un viaggio è in sé un viaggio. E così, chi parla di Arte si ritrova a parlare di se stesso. Di metamorfosi, di identità, di tutto ciò che il tempo ha voglia di concedere. Il primo passo è il più difficile. C’è bisogno di carta, matita, occhiali, pensieri, mille pensieri, di sguardo. Perché lo sguardo è la proposta vincente, è il tuffo, la proposizione, il giusto impatto. E proprio di giusto impatto ci attrezziamo per incontrare Marilena Vita.

Caleidoscopica, eccentrica, figlia dell’Arte, e della Vita appunto. Nasce a Siracusa, opera tra la Sicilia, Amsterdam e Milano. Attraversa molte città del mondo, le sue opere sono cosmopolite, appartengono a preziose collezioni e sono state pensate per esposizioni di grande prestigio come Cafes Litteraires alla Fondazione Stelline di Milano, Vision in New York City alla Columbia University di New York, The Sixth Jinan International Photography Biennal Exhibition Worldwide in Cina.

La osserviamo in un caffè mentre ci parla di una performance straordinaria, unica irripetibile, accompagnata da un video, un prodotto anch’esso inedito, a lei dedicato dal noto architetto e artista multimediale brasiliano Emanuel Dimas de Melo Pimenta. Titolo della performance: Circe. Amore e guerra, atto creativo immaginato solo per il perimetro magico della Casa del Mantegna. Marilena Vita, performer ma anche pittrice, fotografa e videoartista, è tra i ventisei ospiti internazionali invitati al Festival curato da Vittorio Erlindo, la Biennale Light Art di Mantova.  La sera di sabato 28 maggio incarnerà la creatura mitologica che sedusse Odisseo, la dea figlia di Elio e della ninfa oceanina Perseide, la donna che reca bellezza e distruzione, amore appunto e il suo contrario: la guerra, quella guerra che è fuori porta e che non si arresta e uccide il cuore.

E poi diverrà anche un po’ il cielo limpido di Siracusa, la luce della nostra pietra, sarà la Martire e il rituale acceso della nostra insularità. L’archetipo ritrovato e lo straniamento di carrolliana memoria, il segno in mutazione, il cerchio che non si interrompe e crea alchimia, la metamorfosi, l’ambiguità.

Un site-specific che richiama tutta la complessità dell’esistere, ecco perché Gèrard Georges Lemaire di lei ebbe a dire: “In cima ai suoi pensieri ci sono i sogni, ma c’è anche di più. Ci mette davanti a cose che non riusciamo a capire ma che in qualche modo sentiamo familiari. Assurdo? E già. Anche. Crea una situazione paradossale: non reale e non completamente irreale. C’è bellezza nelle sue creazioni ma tutto si carica di un gusto amaro. E siamo costretti a rifletterci sopra”.

Daniela Frisone

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