Il Risorgimento siciliano è un argomento che merita ancora oggi di essere esplorato. Nello specifico gli studi condotti dalla catanese Aurora Ornella Grimaldi offrono lo spunto per comprendere il ruolo delle donne nella Sicilia nell’Italia pre e post-unitaria, con assoluto privilegio del ruolo delle letterate o amanti della scrittura.
Negli anni immediatamente successivi al 1861 l’impegno femminile è spesso rivolto al sociale. Tra gli altri spicca il nome di Rosina Muzio Salvo, palermitana, in prima linea nelle lotte risorgimentali del Sud. Fu dissidente antiborbonica, visse l’esperienza dell’associazionismo femminile che incanalava la passione rivoluzionaria delle siciliane in azioni di beneficenza ed educazione popolare.
All’interno di un folto gruppo troviamo Giuseppina Turrisi Colonna, Letteria Montoro, Concettina Ramondetta Fileti, Lauretta Li Greci, e Mariannina Coffa Caruso, tutte animate da una certa militanza intellettuale che si esplicava, anche se non con risultati sorprendenti, nel coraggio di scrivere, pubblicare, ed essere considerate in questi termini dai contemporanei colleghi di penna e di valori risorgimentali.
Lo stato psicologico in cui versava la donna nella prima metà del diciannovesimo secolo era lo specchio dei divieti imposti da una società che vedeva in lei solo il ruolo di moglie e di madre e la teneva all’oscuro da ogni iniziativa strettamente politica, e le assicurava uno stato di ignoranza o di semi-analfabetismo. “La scrittrice costituiva – sottolinea la Grimaldi nella tesi di dottorato Risorgimento e donne di Sicilia: il canto di Giuseppina Turrisi Colonna – un’eccezione nella norma sociale e facilmente la sua eccezionalità veniva accostata alla pazzia o alla malinconia”.
Alcune delle succitate autrici collaboravano con la rivista genovese «La donna e la famiglia», che si occupava di vita domestica, istruzione, educazione, ricreazione. Nulla a che vedere con l’impegno politico, nulla a che fare con i valori strettamente risorgimentali. Tra le intellettuali siciliane spesso intercorrevano rapporti di corrispondenza. Ad esempio Concettina Ramondetti Fileti, di San Martino a Palermo, e la netina Mariannina Coffa Caruso, figlia di un patriota liberale, si scambiarono versi – esiste un carteggio recuperato da Francesco Lombardo – nei quali si denuncia un fatto nuovo, una sorta di incoraggiamento lirico al femminile. Pur non costituendo un vero e proprio gruppo, le autrici siciliane presentano delle caratteristiche biografiche comuni. Provenivano da famiglie nobili o dell’alta borghesia, di frequente le loro scelte letterarie erano influenzate da un precettore privato, con il quale si esercitavano nella lingua italiana, che in Sicilia a quel tempo era altra cosa da quel “siciliano” votato a idioma ufficiale; ecco perché la loro scrittura a volte presentava un’evidente impronta dialettale.
Il fatto che più di tutti le distingueva era la ribellione, perché non accettavano di essere sottomesse a un destino: e questo lo fecero componendo, lo fecero combattendo le imposizioni familiari, come nel caso di Mariannina Coffa che, nonostante il matrimonio prescritto, continuò a scrivere clandestinamente all’uomo che amava, e coltivò interessi fuori dall’ordinario come la teosofia e il magnetismo.
Daniela Frisone
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