Il 2 dicembre del ‘68 la strada che conduceva da Siracusa ad Avola si trasformò in un campo di battaglia dove persero la vita due persone e tante altre rimasero ferite. Tutto iniziò da uno sciopero indetto alcuni giorni prima dai braccianti e proclamato per ottenere degli aumenti salariali oltre all’eliminazione delle disuguaglianze nel trattamento degli stessi lavoratori. La situazione, tuttavia, degenerò rapidamente e dopo l’intervento robusto della polizia accadde l’irreparabile.
“Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, morti perché
chiedevano dignità per il loro lavoro di braccianti, ricordano ancora oggi che il loro sacrificio deve restare esempio per contrastare quei fenomeni, vedi il caporalato, che mortificano i diritti dei lavoratori”. Lo ha detto questa mattina, al termine della cerimonia svoltasi prima in contrada Chiusa di Carlo, e subito dopo all’interno del Comune, per ricordare i fatti del 1968 il segretario generale della Ust Cisl Ragusa Siracusa, Giovanni Migliore.
Insieme a lui il segretario generale della FAI Cisl, Sergio Cutrale. “Purtroppo si continua a morire per il lavoro, – hanno sottolineato Migliore e Cutrale – avveniva 56 anni fa per chiedere pari dignità con i lavoratori di altre zone, si ripete oggi per la scarsa sicurezza in molti luoghi di lavoro. Come Cisl abbiamo da tempo avviato la campagna per fermare questa scia di sangue – hanno aggiunto – Servono, però, tavoli di confronto con gli enti locali, con i governi Regionale e Nazionale per porre le condizioni utili a fa cessare questi continui sacrifici di uomini e donne”.
Presente alla cerimonia, come ogni anno, la famiglia di Giuseppe Scibilia. “Ho manifestato alla signora Paola, figlia di una delle due vittime, la vicinanza della nostra organizzazione, – ha detto Giovanni Migliore – una vicinanza che si rafforza perché, insieme a loro, torniamo a chiedere la desecretazione delle carte sull’inchiesta seguita a quel tragico 2 dicembre. Lo dobbiamo ai due braccianti uccisi, alle loro famiglie, a tutti i lavoratori che ancora oggi chiedono diritti e dignità”.
Dello stesso tenore sono le dichiarazioni di Emanuele Sorrentino, segretario della Uil Pensionati. “La nostra presenza deve essere da monito – ha detto – affinché a distanza di 56 anni quel sacrificio non rimanga vano o passi nel silenzio. Dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione per fermare questa scia di sangue, per rivendicare condizioni migliori per i braccianti agricoli e ridare dignità al lavoratore stesso. Anni fa si manifestava per rivendicare un salario dignitoso a causa delle gabbie salariali, – ha aggiunto- oggi questo diritto viene invece attaccato dal decreto sicurezza e dall’autonomia differenziata che non ci permette di far sì che i lavoratori siano considerati tali”.