8 Settembre 2024

Marinella Pompeo, l’arte che salva

Spesso conversare di arte è il pretesto per conoscere luoghi, aneddoti, persone. Così l’incontro con Marinella Pompeo, artista partenopea di straordinaria sensibilità, diventa ricco di spunti di riflessione. 

Di lei conosciamo la passione per la pittura, la fotografia, le esposizioni in giro per l’Italia, il costante desiderio di immortalare la bellezza, estrema fonte di vita e genialità.
Ma è Marinella a raccontare la sua storia. L’amore per l’arte l’ha accompagnata fin da bambina, e ha sempre rappresentato un mondo che aveva il pregio di scorrere in maniera naturale. Nel suo percorso esiste un tempo importante, dopo la scuola d’arte e il lavoro come ceramista, ci sono stati gli anni di formazione. Forti, intensi, pieni di sfide interiori. Un capitolo che arriva fino al 2011, anno in cui la Pompeo decide di mettere in mostra le sue creature, donne chiuse in sé, oscurate da una profonda tristezza, martoriare da un costante dolore. 

A proposito di viaggio, Marinella ci racconta di Siracusa, del suo perdersi tra i vicoletti ortigiani, del fascino della pietra bianca delle chiese stratificate, dei colori pastello delle abitazioni isolane che l’hanno colpita più del fasto di una Palermo dorata. Ma soprattutto il castello Maniace, il modo più magico di protendersi sul Mediterraneo, di immaginare la Tunisia, l’antica Cartagine, luoghi a lei cari. Immergendosi e mai andadosene da quel movente di ispirazione che è tutto il mondo per un’artista brava e dirompente come la Pompeo, giungiamo al tema della donna come progenitrice ed educatrice dell’uomo che verrà: “La donna ha un ruolo fondamentale nella costruzione dell’individuo. Trovo giusto che le madri educhino i propri figli attraverso l’attitudine all’arte, alla creatività”. Ma forse la conquista più grande è l’edificazione di se stessi. 

Qualsiasi sia la causa dei sentimenti che scuotono il proprio essere, che sia una malattia o uno stato d’animo, nel cuore del vero artista essi diventano la prova esistenziale, il riscatto, il passaggio sublime al nuovo io. “La mia ricerca – racconta l’artista di Mondragone – nasce da forti stati d’animo, siano essi pieni di angoscia o di felicità. L’atto creativo è comunque un miracolo a cui do voce anche attraverso la scrittura di poesie e didascalie che vanno ad accompagnare le mie opere”.

E qui Marinella si apre a un passaggio delicato. Il racconto del proprio percorso artistico attraverso lo specchio dell’epilessia. Un male che tanto tempo fa era difficile conoscere, capire, affrontare. “Si tratta di una malattia congenita – racconta – da bambina mi assentavo, entravo in una dimensione fatta di colori molto accesi che io vedevo scivolare lungo le pareti di quel mondo. Erano crisi visive, il cosiddetto piccolo male. Poi arrivò l’adolescenza e con essa l’epilessia. Le convulsioni, i crolli, le medicine che ti buttano giù e ti allontanano dai luoghi, dalle persone”. Oggi la solitudine, il dolore, gli stati d’ansia, le psicosi sono bestie domate, sono lo specchio di un desiderio vitale: la pittura salva, l’arte può salvare! Oggi quelle donne nascoste dai drappi possono uscire dal torpore, possono finalmente prendere aria. 

Acquistano personalità, diventano vere protagoniste della propria esistenza. E vanno ad accostarsi ai volti di donne straordinarie, come Letizia Battaglia, a cui la Pompeo ha consegnato un suo ritratto durante il Festival della fotografia di Orvieto, dieci giorni prima della sua scomparsa. Il suo ricordo di donna forte e coraggiosa ricorda a Marinella il sapore della consapevolezza del viaggio nella vita e nell’arte. Un viaggio fatto di ombre e luci, di paura ma anche di tanta bellezza.  

Daniela Frisone

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