L’arresto di Mattia Messina Denaro è un pezzo di storia a favore dello Stato. Punto.
Lo si deve riconoscere a quegli uomini e a quelle donne che hanno lavorato in questi trent’anni a quest’obiettivo. Lunghe giornate e altrettante interminabili nottate ad inseguire quel fantasma introvabile capace di camuffarsi camaleonticamente. Sì, Matteo Messina Denaro – come tutti i boss, anche questa è storia – ha salvato questi ultimi trent’anni della sua vita grazie alle coperture disonorevoli; coperture che, in più momenti, hanno mandato all’aria il lavoro delle forze dell’ordine.
E la storia sta proprio in questo: gli uomini dello Stato, anche quelli che in questi tre decenni hanno perso la vita, sono ripartiti ogni volta da zero. Nessuna rassegnazione, qualche imprecazione dopo l’ennesimo blitz fallito, ma immediatamente pronti a continuare la caccia alla preda.
Oggi, a differenza del 15 gennaio del 1993 quando venne arrestato Totò Riina, questo pezzo di storia lo si legge sui social. Lo si legge – e si cerca di interpretarlo – dai commenti della gente.
I più scontati sono quelli che si congratulano con i carabinieri, con la Procura di Palermo. Poi ci sono quelli che gridano vendetta sperando che Messina Denaro sconti “le pene dell’inferno e muoia in carcere”. Altri che accennano ardite ricostruzioni dell’arresto manifestando certezze sul fatto che il boss “alla fine si è consegnato, stanco e malato”. Non mancano quelli ironici che giocano sul falso nome usato da Messina Denaro per entrare in quella clinica: “Andrea Bonafede ha abbandonato tutti i gruppi whatsapp”.
Infine ci sono quelli che fanno trasparire l’amarezza tutta siciliana e che, in buona parte, condivido. Quelli che smorzano i toni trionfalistici senza per questo sminuire il capitolo di storia scritto, ma pongono domande. Insomma, un arresto che non può cancellare trent’anni di latitanza girando indisturbato per la Sicilia. Un capitolo di Cosa Nostra, quella stragista, quella che ha ucciso e sciolto nell’acido un bambino, che non si chiude con l’arresto dentro la clinica La Maddalena.
Bisogna continuare a lavorare sui siciliani, su ognuno di noi. Bisogna cambiare l’approccio al racconto, bisogna credere e applaudire chi fa il proprio dovere ogni giorno, non soltanto quando esce con la preda messa al sicuro dentro il furgone.
Matteo Messina Denaro finirà i suoi giorni in carcere, noi tutti dovremo lottare contro quella viltà che spesso camuffiamo da rassegnazione o altera ovvietà.
Prospero Dente
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