«Sono orgogliosa di far parte di questo spettacolo la cui tematica è, purtroppo, sempre più attuale. È importante parlare di violenza di genere e farlo come ci riesce Luana, alternando momenti di leggerezza e di dramma, è davvero un grande merito. Taddrarite è un “orologio”: questo spettacolo ha un ritmo incredibile che cattura il pubblico che lo apprezza sin dalla prima messinscena. Per me è davvero un grande onore esserci». Sono le parole di Donatella Finocchiaro, grande attrice di cinema e teatro che interpreta Franca, una delle tre sorelle protagoniste di Taddrarite (pipistrelli in dialetto marsalese) insieme con Luana Rondinelli – che ne è anche autrice e regista – e Giovanna Mangiù. Dopo il grande successo della scorsa stagione, lo spettacolo prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, arriva anche al Teatro Massimo di Siracusa martedì 16 (ore 21) e mercoledì 17 (ore 17,30) gennaio. Vincitore del premio come miglior spettacolo e miglior drammaturgia al Roma Fringe Festival, il testo pone l’accento su una tematica delicata e quanto mai attuale con lo scopo di scuotere le coscienze attraverso il teatro. Tre sorelle – Franca (Donatella Finocchiaro), Rosa (Luana Rondinelli) e Maria (Giovanna Mangiù) – vegliano, come nelle vecchie tradizioni siciliane, il marito morto della sorella minore. Le tre donne che, come pipistrelli, hanno sempre vissuto nell’oscurità violenze e sopraffazioni domestiche, in una notte di lutto trovano la via per manifestarsi. Grottesca e ilare è la visione drammatica della vita di queste donne: si ride e si sorride, e si ha il coraggio di affrontare con sarcasmo le violenze che non avevano mai osato confessare. Passata la notte, l’anima del defunto, secondo tradizione, ha lasciato la casa e il silenzio che avvolge le sorelle è ora intessuto di forza, di voglia di combattere perché ogni donna non dovrà nascondersi e nascondere più.
«Una storia “focosa”, crudele, come la mia terra – spiega l’autrice Luana Rondinelli – . Una storia vera di donne succubi, schiave, “sciroccate”, prese alla gola dalla morsa del destino che le accomuna, dai segreti stretti in grembo, dalle lingue morse pur di non parlare ed evitare la vergogna per rendersi coraggiose e sopportare le violenze subite dai mariti. Ho scelto la via dell’istinto, dell’ironia, dei sorrisi amari pur di non farle cadere sconfitte; la via delle parole sussurrate, senza prepotenza e con l’ingenuità e la tristezza che mi accomuna alla vita di “sti fimmine”».
Cultura & Spettacolo, Siracusa
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