Qual era lo stato delle meretrici prima dell’abolizione delle case chiuse è argomento assai delicato.
Esisteva un Regolamento sulla Prostituzione, modificato dalle istruzioni ministeriali il 23 aprile 1880 e rimasto in vigore fino al 20 settembre 1958, quando il Parlamento approvò la famosa legge Merlin. Un articolo di Salvatore Santuccio, un po’ datato ma senza dubbio interessante,getta luce sul mondo de Le meretrici a Siracusa nell’Ottocento.
Alcune carte depositate presso l’Archivio di Stato hanno consentito all’autore di ricostruire il rapporto tra le prostitute siracusane e i militari che sbarcavano in città. L’attenzione è focalizzata sui “mali venerei” che le meretrici contagiavano ai marittimi. A tal proposito l’Intendente di Siracusa mostrava grande preoccupazione: “Mancano gli agenti di polizia da me dipendenti che mi additino chi possano essere le meretrici. Manca un quartiere dove restringere tal sorta di Donne, per assoggettarle alla visita dei Chirurghi, manca un Ospizio per curarvi le infette, e mancano i mezzi come supplire alla mobilia d’un nuovo Spedale alle cure veneree, che d’ordinario son lunghe e dispendiose”. Così l’Intendente comunicava lo stato di disagio del Comando militare e della stessa cittadinanza al Ministero degli Interni, che fu costretto a ordinare la costruzione di un apposito ospedale. Era il 4 febbraio 1820 quando il Sindaco di Siracusa dispose una perizia per edificare tale ricovero presso l’antico Ospedale per le Donne in via Annunciata n° 39. Ma per l’Amministrazione la spesa risultava eccessiva e il progetto fu abbandonato. Intanto il contagio e le proteste dei siracusani non diminuivano. Santuccio, dalla verifica dello stato di salute delle meretrici soggette a visita medica il 20 agosto 1829, riscontra che “ventitré avevano un’età compresa tra i 17 e i 38 anni, provenivano oltre che da Siracusa,anche da Trapani, Catania, Modica, Caltagirone, Lentini, Palermo, Grammichele, Caltanissetta, e che di queste, cinque risultavano infette”. A parte l’aspetto sanitario, la città viveva un cattivo rapporto con la prostituzione locale. L’autore riferisce in merito a uno dei tanti rapporti del Commissariato di polizia, che puntava il dito contro le “parole obbrobriose” e le “cose scandalose” addebitate ad alcune meretrici in via Turba. Così, anche vicino alla Chiesa dello Spirito Santo o alla Sperduta, il mercato della prostituzione disturbava gli ortigiani.
Ecco il perché di una petizione, tra l’altro firmata dai rappresentanti di alcune famiglie nobili di Siracusa: quelle donne, probabilmente le stesse frequentate dai medesimi accusatori, andavano sfrattate. Alle meretrici fu impedito di “abitare presso un venditore di bevande spiritose, vino, birra e simili, di uscire vestite in modo poco decente, o in stato d’ubriachezza, di affacciarsi alle finestre, di stazionare anche sulle porte della propria abitazione, di fermarsi o frequentare le vie principali, le piazze o le pubbliche passeggiate, di commettere atti indecenti in luoghi pubblici e di tenervi discorsi osceni”. A quelle donne venne anche proibito di “alloggiare in locali terreni sporgenti la strada”, per “garantire il decoro e la tranquillità delle auguste famiglie”.
Daniela Frisone
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