Il mito avvolge la Sicilia. Il suo nome, Trinacria, significa terra a tre punte, luogo magico pieno di storie da raccontare. Chi non conosce la leggenda di Tifeo, figlio di Tartaro e di Gea, il gigante mostruoso dalle innumerevoli teste? Il suo destino è amaro poiché segnato dalla madre che lo incita a una lotta senza tregua contro Zeus, colpevole di aver sconfitto i Titani, anch’essi figli di Gea.
Nel corso di uno degli infiniti combattimenti, Tifeo si sposta verso oriente, in territorio siriano, per prendere fiato e mettere a segno una nuova strategia. Successivamente il gigante ricomincia la lotta con Zeus, riuscendo a togliere l’arma al suo potente rivale, a tagliargli i tendini dei piedi e delle mani e a scaraventarlo dentro una grotta in Cilicia, nella costa sud orientale dell’Asia Minore.
A quel punto Zeus riceve l’aiuto dei fidati Hermes e Pan. Gli dèi riescono a ritrovare i suoi tendini, lo rimettono a nuovo e lo riportano sull’Olimpo, pronto a riprendere la sua lotta.
Il caso vuole che Tifeo incontri sul monte Nisa le Moire, le tre filatrici del destino, che gli offrono frutti solitamente destinati ai mortali. Il gigante, che non è un uomo, non appena assaggia quel cibo, comincia a perdere le forze. Zeus quindi non si lascia sfuggire l’occasione e sferza duri colpi al gigante, che inizia a sanguinare. Tifeo non si perde d’animo e fugge in Sicilia, ma il padre degli dèi lo raggiunge e lo rinchiude per sempre sotto l’Etna.
La leggenda vuole che Tifeo sostenga la Sicilia come in una specie di crocifissione: il corpo del gigante supino, la testa verso est, i piedi verso ovest e le due braccia tese a sorreggere da una parte Messina con la mano destra e Pachino con la sinistra. Trapani è poggiata sulle sue gambe e il cono dell’Etna sulla sua bocca. Questo perché ogni volta che si infuria, Tifeo vomita fuoco e lava dal vulcano e, quando si dimena per liberarsi dalla sua orrenda condizione, scatena violenti terremoti. Siracusa, e in particolare Pachino, è una dei suoi eterni appoggi.
Un mito che in qualche modo richiama alla mente la magnifica storia di Colapesce. Dapprima semplice figlio di un pescatore di Punta Faro a Messina, Cola o Nicola diventa un vero e proprio pesce per le straordinarie avventure che vive in mare.
Famoso il suo resoconto al re di Sicilia Federico II, al quale racconta che l’Isola poggia su tre colonne: una solida, l’altra danneggiata e la terza scricchiolante a causa di un fuoco magico che non si spegneva. Il sovrano saprà che la storia è vera solo quando non vedrà più ritornare a galla Colapesce, rimasto in fondo al mare per sostenere la colonna corrosa. Questa leggenda ha da sempre incuriosito l’immaginario del siracusano che si è sempre chiesto se la colonna danneggiata fosse la peloritana, e di conseguenza quale fosse quella scricchiolante…
Daniela Frisone
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