21 Novembre 2024

Vincenzo Moscuzza e il Don Carlos conteso con Verdi

Esiste un fondo musicale, quasi una quarantina di faldoni che accolgono l’opera di musicisti ottocenteschi siracusani. Custodito nella Biblioteca Comunale, rappresenterebbe una risorsa culturale di grande pregio se opportunamente catalogato e messo a disposizione di studiosi, curiosi, appassionati, e in generale della cittadinanza. In particolare quattro dei faldoni raccolgono l’opera manoscritta e a stampa di Vincenzo Moscuzza.

Musicista di rilievo, nato a Siracusa il 7 ottobre 1821. Lo zio Luigi Maria Moscuzza, celebre maestro di cappella, lo iniziò alla musica facendogli apprezzare il “belcanto” belliniano. Nel 1845 Vincenzo si trasferì a Napoli, dove divenne allievo di Saverio Mercadante, figura di spicco della cosiddetta scuola “classicista”. Tra i suoi primi lavori ricordiamo L’Orfana Americana, opera lirica che venne rappresentata durante la stagione 1847-1848 al Teatro Comunale “S. Lucia” di Siracusa. Da lì a un anno, sempre nel tempio della musica aretusea, venne accolto con grande fervore patriottico il suo inno Libertà Siciliana, su parole del cugino Salvatore Chindemi. Entrambi i lavori li ritroviamo sotto forma di libretto, spartiti e partiture nel fondo musicale.

Tra le altre sue opere spiccano Stradella, cantore del 1600, tragedia lirica in due atti (1860) e Don Carlos, tragedia lirica in tre atti (1862). Fu proprio quest’ultima ad accendere una polemica tra Vincenzo Moscuzza e Giuseppe Verdi: il nostro accusò il maestro di Busseto di avergli usurpato la scelta del soggetto del Don Carlos. Ancora, le opere degli anni ‘70, le ultime ad essere rappresentate, I Quattro Rustici e Amleto, le ritroviamo con tanto di libretti e spartiti.

Un tesoro che comprende tante altre chicche storiche, come l’opera Piccarda Donati (1874), un melodramma in quattro atti rappresentato sia al Teatro Manoel di Malta che alla Pergola di Firenze. Ma l’interesse del fondo non si ferma alla figura di Moscuzza. Scopriamo anche Giovan Battista Arezzo, nipote di Giuseppe Maria, barone della Targia e sindaco di Siracusa nel 1806. Del nobile talentuoso si conservano in gran parte composizioni di carattere sacro, per lo più autografe e composte tra gli anni ‘30 e ‘40, come il dramma sacro Il sacrificio di Yefte o Ifiniasse all’Ara. Un’opera di grande valore storico per i siracusani: venne eseguita il 12 dicembre del 1843 in cattedrale per la ricorrenza di Santa Lucia.

A tal proposito Alessandro Loreto, nel testo Musica e Musicisti a Siracusa nel XIX Secolo scrisse: “Il motivo per cui questo dramma sia rimasto scolpito nella memoria dei siracusani è dovuto a una forte e sincera nostalgia per quelle sontuose feste religiose in cui la musica e la rappresentazione del dialogo sacro costituivano l’ingrediente più spettacolare, ma anche il più intimo sentimento religioso di tutta la cittadinanza”. Ritornando al fondo musicale, è giusto ricordare i faldoni che contengono l’opera musicale di Giuseppe Privitera. Del compositore ce ne parla sempre Loreto, in particolare della sua Sinfonia sacra, con Vespro solenne e Magnificat, che furono eseguiti nel 1839 a Noto, e da lì a poco la Messa solenne presentata a Siracusa in occasione della Madonna del Carmine. Infine il fondo musicale siracusano raccoglie opere di musicisti come Verdi, Donizzetti, Rossini, Pacini e Bellini, ma anche un grande ventaglio di composizioni di autori siracusani del primo ventennio del Novecento, come Salvatore Falbo Giangreco, Corrado Minniti e Francesco Migneco Morale.                                 

Daniela Frisone

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